Si è spento oggi, a 80 anni, Germano Celant, tra le voci più autorevoli della critica d’arte italiana e internazionale. Storico dell’arte e curatore, teorico del movimento dell’Arte Povera, aveva contratto il Covid-19 durante un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Nato a Genova nel 1940, è tra i critici italiani più noti e aveva contribuito, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, a riportare l’arte contemporanea italiana all’attenzione del pubblico e della critica internazionale.
Nel 1967 aveva coniato il termine Arte Povera, etichetta sotto la quale sarà incluso un variegato gruppo di artisti quali Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali, Emilio Prini, Mario Merz, Gilberto Zorio. In contrapposizione al consumismo e alla mercificazione dell’arte, il movimento aveva indagato il recupero del rapporto uomo-natura, sperimentando materiali poveri e talvolta organici, segnando una rinascita della scultura che proprio nel suo intrinseco carattere materico aveva trovato una ragion d’essere.
Con più di 50 pubblicazioni alle spalle aveva curato mostre in istituzioni di prestigio di tutto il mondo. Ricordiamo il Guggenheim Museum di New York, del quale era diventato senior curator, il Centre Pompidou di Parigi e Palazzo Grassi a Venezia. Nel 1997 era stato nominato direttore della 47ª Biennale d’Arte di Venezia e, a coronamento della sua carriera, nel 2015 era stato nominato direttore artistico della Fondazione Prada, curando importanti mostre a Milano e Venezia.
Con Celant si chiude così uno dei periodi più felici per l’arte contemporanea italiana, e ci lascia uno dei più importanti punti di riferimento per il mondo dell’arte italiano e internazionale.