Di Gilberto Cavagna
Spesso le opere d’arte contemporanea riprendono opere precedenti, stravolgendone il significato, prendendosi gioco di elementi e di autori in rivisitazioni che capovolgono il messaggio originale. Basti pensare a Jeff Koons; molte delle opere del famoso artista americano riprendono opere precedenti, spesso solo cambiando il “mezzo” (trasformando una fotografia in una rappresentazione tridimensionale, come in alcune opere della famosa serie Banality, ad esempio la scultura di porcellana denominata “Naked” che riprende una fotografia scattata da Jean Francois Bauret nel 1970). Del resto, l’arte precedente è sempre stata fonte di stimolo - e anche di beffe - da parte degli artisti successivi.
La ripresa di opere preesistenti costituisce, di norma, una violazione dei diritti d’autore se avviene senza il consenso dell’artista precedente. Infatti, la legge sul diritto d’autore (l. 22/04/1941, n. 633 e succ. mod.; di seguito, solo “LDA”) riserva espressamente all’autore dell’opera creativa (o ai suoi eredi, per tutta la durata settantennale della protezione a decorrere dalla morte dell’autore) “il diritto esclusivo di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione” (art. 18 co. 3 LDA). Al contempo, e salvi i diritti dell’autore originario sull’opera sopra accennati, eventuali modificazioni che presentino carattere creativo faranno sorgere in capo al (secondo) autore autonomi diritti sull’opera - “nuova”, anche se ispirata alla precedente - così modificata (cfr. art. 4 LDA). Il coordinamento tra tali norme (artt. 18 e 4 LDA) va inteso nel senso che l’autore dell’opera base non può impedire l’elaborazione della propria opera, ma una volta che questa elaborazione sia stata realizzata, l’autore dell’opera base può impedire all’autore della creazione derivata di sfruttare economicamente la propria creazione in assenza di un suo consenso.
A tali norme, che disciplinano gli aspetti economici dello sfruttamento dell’opera, si affianca poi la tutela del diritto morale (cfr. art. 20 LDA) che riconosce all’autore dell’opera il diritto di opporsi a qualsiasi modificazione che possa essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione.
Costituisce un’eccezione a questa rigorosa struttura normativa l’uso parodistico.
Con il termine parodia si suole riferirsi ad una rivisitazione originale e sostanziale in chiave satirica, non necessariamente comica, di un’opera utilizzata come “riferimento” in quanto possiede un riconoscibile valore iconico, che valga a rendere evidente che l’uso di quell’opera specifica è fatto proprio per dire qualche cosa sull’opera o sul contesto di riferimento della stessa. Così intesa quindi, “la parodia è un’opera dell’ingegno autonoma rispetto all’opera di riferimento, e non già elaborazione creativa di quest’ultima ex art. 4 LDA, essendo caratterizzata da un rapporto di radicale antinomia rispetto all’opera parodiata, della quale non rispetta ma rovescia il nucleo concettuale” (P. Testa, commento a Trib. Roma, 29 settembre 2008, in AIDA, 2010, 134); con la conseguenza che, proprio in quanto la rivisitazione muta il senso dell’opera base assurgendo ad opera autonoma, il preventivo consenso dell’autore (o degli eredi) dell’opera parodiata non è necessario.
Sebbene l’Italia non abbia mai introdotto all’interno della propria legislazione un’eccezione specifica per le opere parodistiche, la liceità della parodia è sempre stata sostanzialmente ammessa, in parte richiamandosi al diritto alla libertà di espressione costituzionalmente garantito per effetto dell’art. 21 co. 1 della Costituzione e in parte “all’applicazione del medesimo principio di carattere generale che sottende la liceità delle variazioni musicali costituenti di per sé opera originale ex art. 2 n. 2 LDA, nonché, sotto un diverso e ulteriore profilo, la liceità della citazione dell’opera altrui ex art. 70 LDA” (G. Spedicato Opere dell’arte appropriativa e diritti d’autore, in Giur. comm., fasc. 1, 2013, pag. 118).
L’esame dell’opera parodistica deve essere condotto caso per caso, non tanto evidenziando le identità e le somiglianze con l’opera originale, bensì considerando se l’opera derivata nel suo complesso, pur riproducendo tanto o poco l’opera originale e comunque ispirandosi a questa, se ne discosti per trasmettere un messaggio artistico diverso.
Se e quando accusati di aver ripreso un’opera precedente, molti degli artisti si sono difesi richiamandosi proprio alla parodia per sostenere la liceità delle proprie opere.
Così anche Koons, più volte e da ultimo, recentemente, per la propria scultura denominata “Fait d’Hiver” (l'immagine in copertina) realizzata nel 1988 – e al momento conservata dalla Fondazione Prada - che riprende una fotografia della campagna pubblicitaria ideata da Frank Davidovici nel 1985.
In tal caso, però, la Corte d’Appello di Parigi ha condannato l’artista americano per contraffazione, rigettando le considerazioni di Koons volte a sostenere che la propria opera potesse beneficiare della eccezione di parodia; per i giudici francesi difatti, nel caso in esame non sussistevano i presupposti e requisiti necessari, in particolare che l’opera successiva concretizzasse una manifestazione di umorismo o beffa (sentenza n. 034/2021 del 23 febbraio 2021).
Non sempre la ripresa di un’opera precedente può costituire quindi parodia. A volte è solo “una copiatura”, anche se fatta bene e spesso … è bella (ed economicamente più quotata dell’opera parodiata)!
L'autore
Partner di Andersen, Gilberto Cavagna ha maturato una quasi ventennale esperienza nell’assistenza stragiudiziale e nella difesa giudiziale nel settore della proprietà intellettuale e del diritto dell’arte.
Avvocato cassazionista, è stato selezionato come arbitro della Court of Arbitration for Art dell’Aja e partecipa regolarmente come relatore a seminari e convegni su tematiche IP e diritto dell’arte. È autore di numerosi articoli e contributi per giornali e riviste in materia di proprietà intellettuale e cura da anni un blog su Linkedin e Facebook dedicato tematiche del diritto della proprietà intellettuale e dell’arte dal titolo “TIP TAP - Thoughts on intellectual property and art protection”.
Appassionato di street art, recentemente ha collaborato alla realizzazione del volume “Copyright in Street Art and Graffiti” pubblicato da Cambridge University Press.