Non esiste alcun nuovo mercato dell'arte

Di Deodato Salafia


Tesi: uso di TV+Telefono = uso di Internet.

Il mercato dell'arte cambia protocolli ma non cambia in sé.

Premessa

Continuo a ricevere interviste e domande relative a come il mondo dell'arte cambierà dopo l'era del Covid-19 e quale sia in tutto ciò il ruolo del digitale.

Parlerò della mia visione del mercato dell'arte ma vorrò anche offrire una  definizione di cosa sia l'informazione, perché, credetemi, ai più non è un concetto noto a distanza di 70 anni dalla costruzione del primo computer. Sappiamo cosa sia la distanza, che si misura in metri, sappiamo cosa è il volume, che si misura in litri, o la massa, che si misura in kilogrammi, ma cosa è l'informazione e come si misura? Perché vorrò parlare di informazione? Questo sarà presto chiaro.

Un nuovo mercato per l'arte?

Non scherziamo. Non scherziamo. Non scherziamo. Nulla è cambiato per l'arte  tra gli anni '80 i gli anni '20 e per molti versi poco è cambiato anche con l'avvento di Internet, se non una unica cosa, la riduzione di ciò che nel mondo della finanza e dei mercati è chiamata "asimmetria informativa", vediamo.

I più sono preoccupati o eccitati per ciò che si presume sia un nuovo mercato, ovvero quello che dopo il Covid-19 si è raccontato come un mercato che si muove con transazioni remote, spesso per beni d'arte immateriale, come gli NFT o l'arte digitale in genere. In sostanza sul banco di analisi ci sarebbero due tematiche:

  1. i "clienti" acquistano da remoto;
  2. l'oggetto fisico dell'arte si sta smaterializzando

Mi ci vogliono poche righe per confutare che questi due movimenti siano in qualche modo dovuti al Covid-19 oppure ad Internet in generale. Il primo punto è facilmente smarcato dal fatto che è fin da quando sono piccolo che zappando in TV vedo arte venduta in TV. Chiariamo subito un punto: uso di TV+Telefono = uso di Internet. Internet è un sistema che serve, per mezzo del protocollo HTML a farti vedere cose e per mezzo del protocollo TCP/IP a fare in modo che tu possa inviare risposte. L'HTML degli anni '80 era la TV ed il TCP/IP degli anni '80 era il telefono. Posso facilmente costruire un web browser "retrò" che funzioni con una tv degli anni '80 e un telefono degli anni 80' e dimostrare che faccio le stesse cose. Miliardi di lire in opere d'arte venivano confermate prima e milioni di euro vengono confermati adesso. Questo è. Certo prima c'erano galleria che insultavano e deprecavano operatori e artisti che venivano proposti in TV con "scarsa curatela" e ora avviene lo stesso con i nuovi protocolli. Ancora, nulla è cambiato.

Per quanto concerne la smaterializzazione, questo è un processo che è in atto dall'età della pietra. Prima l'arte era applicata nelle caverne, poi nei muri delle chiese, poi in grandi telai, poi in piccoli telai, poi su fogli di carta, poi su file digitali. Ma mano che i mezzi di trasporto accelerano, si sente l'esigenza di rimpicciolire ciò che ci dobbiamo portare dietro. Se mi muovo a piedi...bene o male rientrerò sempre nella mia caverna, che quindi diventa rifugio permanente (se non vedi la fine di un tunnel...comincia ad arredarlo, dice qualcuno). Se vado a cavallo, posso godere di opere anche in siti più distanti, ma non posso portare le opere con me facilmente, quindi saranno i grossi committenti che potranno favorire la creazione di arte. Se le merci possono essere trasportate velocemente posso cominciare a comprare arte fisica. Se posso spostarmi in aereo è probabile che cambierò casa spesso e quindi avrò case più piccole, con opere più concettuali e meno ingombranti. Se il mio lavoro frenetico mi porterà a non sapere dove andrò domani, comincerò ad arredare la mia casa virtuale (metaversi, wallet).

Quindi il mercato dell'arte cambia protocolli ma non cambia in sé. Prima c'era chi comprava in TV e non in galleria, ora c'è chi compra in Internet e non in galleria. Prima c'era chi vedeva le opere in TV e poi andava a cercarle in Galleria (ricordo decine di opere di Lido Bettarini che nel 2012 vendevo dopo che Orler le faceva passare in TV), oggi c'è chi vede le opere su Instagram e poi le cerca in galleria. Prima c'era chi vedeva le opere in fiera e poi le comprava in TV, ora c'è chi le vede in fiera e le compra su Internet.

E prima della TV?

Prima della TV in effetti il mercato era più contratto. TV prima e Internet dopo hanno aggiunto clienti, hanno allargato il mercato, non hanno modificato il mercato esistente, diciamo che ne hanno aggiunto uno parallelo. Le basi per questo mercato allargato erano state già poste all'inizio del '900 con la nascita della fotografia e della stampa d'autore. I famosi libri d'arte, editi da Chagall, Picasso, Dalì e tanti altri artisti erano già un segnale evidente, in quel caso spesso venditori porta a porta erano i precursori dei presentatori TV. Ancora una volta tutto era già in progressione.

Non confondiamo i protocolli con il mercato. Il mercato è un potenziale (una domanda latente) ed una espletazione (processi che risolvono concretamente la domanda). I protocolli sono formalismi, più o meno attuali, che il mercato usa per espletare la sua funzione. Ricordiamoci che la funzione del mercato è massimizzare il profitto, senza questo punto non siamo in presenza di un mercato ma piuttosto di filantropia.

Nota bene. Più efficiente è il protocollo in termini di velocità di trasmissione della informazione, minore è l'asimmetria informativa. L'asimmetria informativa è quanto in una contrapposizione economica (per esempio chi vende e chi compra), qualcuno sa qualcosa in più dell'altro. Io per esempio potrei sapere che un certo artista ha firmato un contratto con un grosso brand e il mio interlocutore non lo sa, oppure potrei sapere che in Asia un determinato tipo di opere sono valutate molto più che in Europa, oppure che per un certo artista un'opera degli anni '50 ha un valore di 10 volte che una degli anni '90. Insomma se qualcuno ne sa più di un altro, il gioco non è alla pari. Più lenti sono i protocolli, maggiore è potenzialmente la asimmetria informativa. Ecco perché il venditore porta a porta ti fregava più della TV e la TV ti frega più di Internet. Ma ancora una volta non vi è alcun vero cambiamento nel mercato, se non quello che gli operatori sono sempre più professionali, trasparenti e corretti.

Cosa è l'informazione

L'informazione si può definire come l'annotare un cambiamento di stato oppure annotare uno stato pre-esistente, in fin dei conti è: annotare uno stato. Se nessuna cosa al mondo cambiasse stato e se nessuno la registrerebbe, non si potrebbe percepire informazione, sebbene il rilevare questa evenienza sarebbe pur sempre una informazione.

L'unità di misura base della informazione è il BIT, un bit si dice che è 0 o 1. Ecco che allora tutto ciò che si può definire con una sequenza di BIT, ovvero di zeri e uno, è informazione. Senza entrare troppo nel dettaglio ti dico che tutti i computer al mondo registrano i loro dati su una sequenza di zeri e uno e trasmettono attraverso dei protocolli elettrici strutturati (per esempio Internet) sequenze di zeri e uno.

Dato che tutti sappiamo cosa possiamo fare con i computer e Internet, da quanto detto sopra si evince che tutta la musica è informazione, tutte le foto del mondo lo sono, tutte le opere d'arte video registrate o fotografate lo sono, il volto di vostra mamma è informazione, le parole del vostro partner che vi fanno stringere il cuore lo sono e lo è anche il testo spirituale che vi ha illuminato.

Solo per completezza e curiosità notiamo che se un BIT fornisce la possibilità di registrare un cambiamento di stato, 0 o 1, due BIT letti insieme offrono la possibilità di registrare non due ma quattro cambiamenti di stato, ovvero 00, 01, 10 e 11, tre BIT offrono la possibilità di registrare otto cambiamenti di stato, 8 BIT (che formano un BYTE) ben 256 cambiamenti di stato. Insomma la crescita è esponenziale, con i BIT del vostro cellulare potete registrare i cambiamenti di stato di tutto l'universo da quando è nato, comprese le stelle e le emozioni di tutte le persone mai esistite (se ben programmato si intende).

L'opera d'arte è informazione?

Possiamo capire che la Gioconda di Leonardo, come ogni altra opera d'arte non digitale, è realizzata da due fondamentali elementi. Il primo è l'informazione appunto, ovvero come uso la materia per rappresentare l'immagine; il secondo è dato dalla materia stessa. Ma la materia stessa è composta da molecole, che a loro volta sono informazione di come è organizzata la materia atomica; gli atomi sono a loro volta descritti come una organizzazione strutturata di elettroni, protoni e neutroni, quindi anche gli atomi sono informazione.

Io quindi affermo che la Gioconda di Leonardo, e tutte le opere d'arte al mondo, sono informazione. Mi si potrebbe obiettare  che, ammesso di avere una descrizione precisa di come un nuovo artista (o computer) dovrebbe usare la materia disponibile oggi per ricreare la Gioconda, resterebbe sempre il problema di non avere esattamente i pigmenti che Leonardo aveva. Ma anche questo è superabile in quanto la materia è componibile a piacere, avendo un laboratorio adatto; forse la gran parte di noi non sa che in laboratorio si possono riprodurre i diamanti, senza distinzione con quelli presenti in natura, solo componendo opportunamente atomi di Carbonio, ho visto un documentario su Netflix a proposito, altra informazione.

Quindi possiamo affermare senza dubbio che l'arte è informazione. Quindi l'arte, tutta, è perfettamente descrivibile e perfettamente riproducibile, esattamente come i diamanti. Attenzione a non confondere l'informazione con la comunicazione, l'arte può essere anche comunicazione, di solito lo è, ma non è questo l'aspetto che mi interessa sottolineare qui. La comunicazione è informazione deliberatamente organizzata da un individuo per ottenere un qualche risultato da un altro individuo (o se schizzofrenico anche da se stesso).

La stutturazione della informazione in un'opera d'arte e livelli di rilevanza

Da quanto ho esposto sopra e da quello che conosciamo delle opere d'arte possiamo identificare almeno quattro livelli di rilevanza di come l'informazione dovrebbe essere organizzata in un archivio al fine di descrivere senza errore un'opera d'arte. Lo so che questo mio ragionamento sembra "accademico", ma in verità non è così, presto sotto parlerò di come quanto qui dico sia relazionato al mercato dell'arte, ovvero ai tuoi soldi, scambi e in ultimo emozioni.

I quattro livelli sono:

  1. la descrizione della materia (che pigmenti di colore, tela, pennelli uso), anche arrivando a livello atomico, se opportuno
  2. la descrizione del processo adottato per la realizzazione materica (filosoficamente parlando qui sarebbe opportuno addentrarci nel non determinismo dell'action painting -ricordati di Pollock- o dell'arte intesa come performance o ancora di alcuni tipi di opere cinetiche, tuttavia mi soffermo su opere finite ed osservabili nel tempo, i normali dipinti per intenderci)
  3. l'immagine del risultato finale per come l'occhio (o i nostri sensi) la percepisce
  4. il significato che quella opera ha per il fruitore nel contesto culturale dato

Il mercato dell'arte contemporanea di oggi ad esempio fornisce un grande valore al livello 4, un alto valore al livello 3, un buon valore al livello 2 e quasi nessun valore al livello 1. Per un restauratore la sequenza è esattamente invertita, i livelli 1 e 2 sono tra i più rilevanti.

Se replicare la Gioconda quindi richiederebbe un complesso laboratorio di chimica, ciò potrebbe non essere necessario per un'opera di Andy Warhol e certamente non sarebbe necessario per un'opera di Banksy. Ciò anche a dimostrazione che per questi artisti le autentiche delle opere valgono ancora più delle opere stesse, perché non è la materia e la sua organizzazione a parlarci (a darci informazione) ma piuttosto è il significato a parlarci. Tra comprare dal vero un'opera di Banksy  (per esempio il famoso Banksy Thrower) e avere una foto dell'opera al computer non cambia molto, quello che mi deve dire me lo dice a prescindere dalla materia, chiunque io sia. Tra avere la Gioconda dal vero e la sua immagine HD al computer le cose possono essere assimilate al Banksy se io sono interessato al messaggio che l'artista voleva dare nel suo tempo (aspetto storico), ma per alcuni critici e curatori potrebbe anche accadere che io abbia bisogno di vedere esattamente quella materia per avere una "eccedenza informativa", insomma più si va indietro nel tempo più le cose si complicano. Ma niente paura, la tecnologia avanza e il distacco tra ciò che è vero e ciò che un computer può rappresentare come "vero" va enormemente assottigliandosi...presto non avremo più alcun bisogno di andare al Louvre per vedere dal vero la Gioconda. Arriverà il giorno in cui i computer potranno "prendere in giro" i nostri sensi a tal punto da non fargli più percepire il vero dal non vero. Se vogliamo è quello che è accaduto con la letteratura, che non ha fatto per nulla rimpiangere la tradizione culturale orale, tanto cara a Socrate.

Lo so, stai pensando che tutto questo è triste e che si perde il valore delle cose, ma il tuo pensiero in tal caso sarebbe errato e, permettimi, superficiale. Se un computer è in grado di trasferirti una informazione talmente strutturata da includere i 4 livelli discussi sopra, rendendo così in effetti replicabile e trasferibile la Gioconda...ciò sarebbe un grandissimo dono per l'umanità tutta. Dall'Illuminismo in poi, ed in particolare dalla rivoluzione francese, il mondo occidentale ha scelto di volere democrazia, eguaglianza, fraternità, da un punto di vista squisitamente tecnico e legato alla informazione, questo è sempre più possibile, per fortuna.

Il mercato dell'arte pre COVID

Appurato che le opere d'arte sono informazione ed appurato che nulla al mondo meglio dei computer è in grado di gestire, trasmettere e far fruire informazione, ci si potrebbe chiedere perché il mercato dell'arte non ha colto fin dall'inizio le opportunità offerte dal mondo digitale, mi riferisco in particolare a ciò che è avvenuto dalla seconda metà degli anni '90 con la nascita dei personal computer e di Internet. La risposta a questa domanda legittima non risiede a mio avviso in una scelta direzionale o manageriale, ma piuttosto il ritardo è dovuto ad un problema della filiera. Mi spiego. I primi settori a cogliere le opportunità del digitale sono stati: mondo dei viaggi, mondo della musica (sebbene inizialmente per merito del sito pirata Napster), mondo dei libri (Amazon), mondo della pornografia, mondo del baratto, mondo della finanza, mondo dell'elettronica (Dell). In tutti questi mondi cosa è avvenuto? E' avvenuto che uno o più operatori rilevanti nella filiera si sono mossi con ingenti investimenti per riorganizzare i processi (ovvero per risparmiare soldi in personale) oppure per migliorare il proprio marketing (ovvero acquisire più clienti). E' bastato un solo operatore grosso della filiera (addirittura anche se pirata, come è accaduto nella musica) per rivoluzionare l'intero comparto. Ecco nell'arte ciò non è avvenuto. Avrebbe potuto o dovuto farlo qualche grossa fiera d'arte (Art Basel?) o qualche grossa casa d'asta (Sotheby's?) o qualche artista rilevante e vivente (Koons? Hirst? Murakami?), l'unico che ha fatto qualcosa di rilevante è stato Saatchi con un portale aperto agli artisti emergenti, ma non è bastato a rivoluzionare un intero settore. Gli operatori allora anziché sposare il digitale ne sono andati, felicemente, in contrapposizione. La verità è che non capivano molto di quello che stava accadendo, ma, come scritto anche in molte fiabe di Esopo, tante volte si ostenta qualcosa solo perchè lo si teme o non lo si capisce. Ecco quindi che il  motto nei primi 15 anni del nuovo millennio è stato: "il digitale fa male all'arte". L'ho detto in molte interviste, sono molti i galleristi che mi dicevano che mettere online delle opere d'arte era un sacrilegio e soprattutto che mai un vero collezionista avrebbe comprato un'opera d'arte se altri l'avessero già vista online. Io ho sempre pensato che un tale collezionista a mio avviso, se mai esistesse, sarebbe un poco scemo e non molto amante dell'arte, ovviamente. Ma a mio avviso non esistono collezionisti scemi, sono piuttosto esistiti operatori confusi. Tra il 2015 e il 2020 è avvenuto che alcuni operatori, quali le case d'asta, hanno cercato di recuperare il ritardo, altri personaggi, per lo più del mondo dell'informatica e del mondo finanziario, capito l'enorme gap lasciato dagli operatori tradizionali, hanno costruito un impero, tra cui Artsy e Deodato, in modo veloce, semplice ed indolore.

Così si è arrivati al 2022. Cosa cambia ora?

Ci sono eventi che sono "di rottura" in senso positivo. In senso positivo non perché fanno necessariamente del bene, ma perché il loro effetto è di velocizzare un processo che sarebbe comunque avvenuto. Ciò che avverrà nel mondo dell'arte nei prossimi 20 anni sarebbe comunque avvenuto nei prossimi 30, io stimo che il COVID abbia accorciato di 10 anni, tutto in un botto, processi che era naturale che avvenissero. Cosa accadrà? Intanto si viaggerà meno e se si viaggerà sarà più per godere di beni materiali, non godibili nel proprio domicilio, che per ottenere informazione che invece sarà perfettamente facile ottenere senza spostarsi. Per farla breve: si andrà alle Maldive, in crociera o a sciare, mentre con molta poca probabilità si vorrà prendere un aereo per andare ad una fiera d'arte contemporanea. In fondo che differenza ci sarebbe stata nel fruire il concetto della famosa banana di Maurizio Cattelan di presenza ad Art Basel Miami nel 2019 o in TV? Anche per il mercato dell'arte accadrà quello che è già realtà per altri settori; chi cercherebbe casa senza affidarsi a Internet? 

Fin qui nulla di realmente nuovo, ma tuttavia accadranno cose mai viste, vediamo perché. Il processo di digitalizzazione dell'arte contemporanea evidentemente renderà fruibile milioni di opere d'arte online, tali opere saranno condivisibili e sarà possibile utilizzarle per creare percorsi curatoriali complessi. Mi spiego, se per creare una curatela devo avere le opere fisicamente in un luogo, la quantità e qualità dei processi curatoriali è fortemente limitata ad uno spazio ed un luogo precisi. Se un curatore può creare percorsi studiati utilizzando opere presenti in luoghi diversi ed addirittura in tempi diversi, potrà creare un valore aggiunto con il suo lavoro enorme. Curatori e critici nell'arte sono stati pochi e mal pagati, ma ciò solo dovuto al problema del piccolo spazio fisico (al massimo un museo)  e della breve durata della visibilità delle opere (al massimo pochi mesi). Ciò che avverrà è che nasceranno curatori bravissimi, che avranno milioni di followers, solo grazie alla loro capacità di aggiungere valore a informazione già esistente, se vogliamo è quello che è avvenuto ai grandi DJ musicali.

Le opere andranno online e questo scatenerà una corsa a raccontarle e valorizzarle, ciò sarà una grandissima opportunità per i giovani delle accademie.

Invero sempre più artisti produrranno opere digitali, che quindi nasceranno già nel digitale; le pareti delle nostre case saranno presto degli enormi wall digitali, così i curatori potranno confezionare delle "playlist" artistiche adatte ai nostri gusti.

Il digitale sarà l'unica piattaforma con cui si fruirà arte.

Sembra una informazione molto forte, me ne rendo conto. Ma questo è il destino che avrà tutto ciò che è puramente informazione, e l'arte come visto lo è. Tutti sappiamo che i CD e anche i dischi in vinile hanno (forse dovremmo dire 'avevano') una qualità maggiore rispetto allo streaming di Spotify o iTunes...ma chi è rimasto ad comprare o usare i CD? Solo pochi appassionati esoterici. Ecco quello che accadrà all'arte, senza troppa perdita di informazione sarà fruita solo online.

Potremmo pensare che siccome il digitale sarà l'unica forma di fruire dell'arte quindi il mercato dell'arte o il mondo dell'arte cambierà, oppure cambieranno gli operatori? Manco per sogno!

Abbiamo visto come in sole poche settimane case d'asta, Musei e gallerie si sono organizzate per proporre NFT, arte digitale e metamostre. Ciò che fa la differenza non è come fruisci di qualcosa ma cosa fruisci.

Città digitali. Perché ho voluto un metaverso per la Deodato

Oltre a blog, eMarketplace, siti di eCommerce, social eccetera si sentirà di più il bisogno di avere musei digitali, fiere digitali, atelier digitali...in una parola: città digitali pensati per l'arte. Luoghi ove sia possibile catalogare opere, esporre opere, creare percorsi multimediali e curatele complesse ed in ultimo anche creare opere d'arte. Tutto questo è ciò che mi ha spinto a volere un vero metaverso per la Deodato (pian piano rilasceremo pezzi), uno spazio pensato in primis ai curatori. Stay tuned.